Dott.ssa angela de laurentiis, PhD. Nutrizionista specializzata in patologie Oncologiche e ricercatrice in oncologia sperimentale

Blog Post

Che differenza c’è tra grano duro e grano tenero?

Angela De Laurentiis • mag 27, 2018

E quindi che differenza c'è tra le loro farine?

Va subito detto che sono due tipologie di grano simili all’apparenza ma molto diverse a livello nutrizionale.  La farina convenzionale, quella bianca piu nota diciamo, deriva dalla macinazione del grano tenero,  mentra dalla macinazione di grano duro si ottiene una farina denominata semola. Queste due tipoligie di grano molto simili a livello strutturale ma completamente distinte dal punto di vista nutrizionale e con utilizzi molto differenti.   GRANO TENERO  La farina ottenuta dalla macinazione di grano tenero è la classica “farina bianca” che ha granuli piccoli a spigoli tondeggianti e bianchi. L'impasto ottenuto dalla farina di grano tenero presenta una buona estendibilità ed una tenacità medio-bassa e solitamente viene impiegata nella panificazione e nella produzione di prodotti lievitati, come i dolci (torte, biscotti, brioches) o le pizze, ma anche nella produzione di pasta e pasta all'uovo. La farina di grano tenero contiene meno proteine rispetto alla farina del grano duro ed ha un assorbimento di acqua minore.  Dalla sua macinazione e lavorazione si ottengo le farine note come  00, 0, 1, 2 e integrale.   Farina tipo 00: Rabbresenta la farina piu raffinata. Si ottiene dalla macinazione del chicco di grano di cui si eliminano tutte le parti migliori a livello nutrizionale: germa (ricco di vitamine, Sali minerali e aminoacidi) e crusca (ricche di fibra). Oltre a questo, molto di sovente può essere sottoposta a sbiancamento con agenti sbiancanti. Il risultato è che rimane solo l’amido, quindi una pasta ricca di zucchero. Farina tipo 0 : Un pochino meno raffinata ma ugualmente ha perso gran parte dei suoi principi nutritivi. Contiene almeno una piccola percentuale di crusca. Farina tipo 1: Ancora meno raffinata della 0, contiene ancora piu crusca Farina tipo 2: Conosciuta anche come semi integrale (integra). E’ quella che personalmente consiglio sempre di prendere in quanto è l’unica che mantiene  buone caratteristiche nutrizionali ed è facile da usare rispeto alla farina integrale. E’ un buon compromesso Farina tipo integrale: In assenza di patologie che la controindicano, è la farina migliore in assoluto, soprattutto se macinata a pietra e quindi senza subire surriscaldamento che potrebbe limitarne i principi nutritivi. E' questa la vera farina, quella che si utilizzava anticamente prima che si scoprisse come l'estrema raffinazione portasse ad un farina più sottile che dava un pane più bianco e morbido. La farina integrale contiene tutte le parti del chicco ed è per questo un alimento completo.  GRANO TENERO  La farina ottenuta dal grano duro invece (semola, Kamut) possiede una grana grossolana, di colore giallo-ambrato. L'impasto ottenuto dalla semola di grano duro presenta una estendibilità minore rispetto al tenero ma un’alta tenacità, il che la rende buona sia per la panificazione che soprattutto per la produzione di pasta. La farina di grano duro contiene più proteine di origine vegetale e glutine rispetto alla farina del grano tenero e possiede una capacità di assorbimento di acqua maggiore, possedendo una maggiore frantumazione dei granuli di amido. I prodotti preparati con farina di grano duro hanno una conservazione migliore e un minore indice glicemico. Vorrei fare una piccola annotazione riguardo il grano duro Kamut. Forse non tutti sanno che la farina di Kamut non esiste come varietà, nel senso che

Va subito detto che sono due tipologie di grano simili all’apparenza ma molto diverse a livello nutrizionale.

La farina convenzionale, quella bianca piu nota diciamo, deriva dalla macinazione del grano tenero,

mentra dalla macinazione di grano duro si ottiene una farina denominata semola.

Queste due tipoligie di grano molto simili a livello strutturale ma completamente distinte dal punto di vista nutrizionale e con utilizzi molto differenti.


GRANO TENERO

La farina ottenuta dalla macinazione di grano tenero è la classica “farina bianca” che ha granuli piccoli a spigoli tondeggianti e bianchi. L'impasto ottenuto dalla farina di grano tenero presenta una buona estendibilità ed una tenacità medio-bassa e solitamente viene impiegata nella panificazione e nella produzione di prodotti lievitati, come i dolci (torte, biscotti, brioches) o le pizze, ma anche nella produzione di pasta e pasta all'uovo . La farina di grano tenero contiene meno proteine rispetto alla farina del grano duro ed ha un assorbimento di acqua minore.

Dalla sua macinazione e lavorazione si ottengo le farine note come 00, 0, 1, 2 e integrale .


Farina tipo 00: Rabbresenta la farina piu raffinata. Si ottiene dalla macinazione del chicco di grano di cui si eliminano tutte le parti migliori a livello nutrizionale : germa (ricco di vitamine, Sali minerali e aminoacidi) e crusca (ricche di fibra). Oltre a questo, molto di sovente può essere sottoposta a sbiancamento con agenti sbiancanti. Il risultato è che rimane solo l’amido, quindi una pasta ricca di zucchero .

Farina tipo 0 : Un pochino meno raffinata ma ugualmente ha perso gran parte dei suoi principi nutritivi. Contiene almeno una piccola percentuale di crusca.

Farina tipo 1: Ancora meno raffinata della 0, contiene ancora piu crusca

Farina tipo 2: Conosciuta anche come semi integrale (integra). E’ quella che personalmente consiglio sempre di prendere in quanto è l’unica che mantiene buone caratteristiche nutrizionali ed è facile da usare rispeto alla farina integrale. E’ un buon compromesso

Farina tipo integrale: In assenza di patologie che la controindicano, è la farina migliore in assoluto, soprattutto se macinata a pietra e quindi senza subire surriscaldamento che potrebbe limitarne i principi nutritivi. E' questa la vera farina, quella che si utilizzava anticamente prima che si scoprisse come l'estrema raffinazione portasse ad un farina più sottile che dava un pane più bianco e morbido. La farina integrale contiene tutte le parti del chicco ed è per questo un alimento completo.


GRANO DURO

La farina ottenuta dal grano duro invece (semola, Kamut) possiede una grana grossolana, di colore giallo-ambrato. L'impasto ottenuto dalla semola di grano duro presenta una estendibilità minore rispetto al tenero ma un’alta tenacità , il che la rende buona sia per la panificazione che soprattutto per la produzione di pasta . La farina di grano duro contiene più proteine di origine vegetale e glutine rispetto alla farina del grano tenero e possiede una capacità di assorbimento di acqua maggiore, possedendo una maggiore frantumazione dei granuli di amido. I prodotti preparati con farina di grano duro hanno una conservazione migliore e un minore indice glicemico. Vorrei fare una piccola annotazione riguardo il grano duro Kamut. Forse non tutti sanno che la farina di Kamut non esiste come varietà , nel senso che "Kamut®" è semplicemente un marchio registrato che fa riferimento ad un prodotto ottenuto dal grano Khorasan, varietà di grano duro, che oggi viene principalmente coltivato nel Nord America .

24 mag, 2024
Gli emulsionanti sono stati messi sotto la lente d’ingrandimento degli scienziati con l’accusa di contribuire a obesità, cancro, malat-tie cardiovascolari e infine – come scoperto in un recente studio prospettico di coorte NutriNet – a diabete di tipo 2. Questi composti “messi alla sbarra” fanno parte di una famiglia di additivi alimentari universalmente utilizzati per migliorare consistenza, forma, colore e gusto in molti cibi processati e ultra-processati. Inoltre sono utili a miscelare liquidi come acqua e oli grazie ai loro legami polari. Sono additivi che si trovano nella maggior parte dei cibi tra gli scaffali dei supermercati: cioccolato, bis-cotti, prodotti da forno, maionese, salse e altri tipi di olii. Nonostante sulla base di criteri di citotossicità e genotossicità siano considerati sicuri per l’alimentazione, sono sempre più in aumento le evidenze scientifiche dei loro effetti sulla salute, in particolar modo le conseguenze sono negative per il microbiota intestinale con rica-dute su infiammazioni ed alterazioni metaboliche. Tra i 61 emulsionanti identificati, sono sette in particolare quelli associati al rischio di sviluppare diabete di tipo 2: E407 (carragenine totali), E340 (esteri di poliglicerolo di acido ricerolo), E472e (es-teri di acidi grassi), E331 (citrato di sodio), E412 (gomma di guar), E414 (gomma arabica), E415 (gomma di xantano), oltre a un gruppo chiamato ”carragenine”. Nello specifico, gli additivi sono stati assunti nel 14,7% da prodotti come biscotti e torte, nel 10% da prodotti lattiero-caseari e nel 5% da frutta e verdura ultra lavorata. - FNOB-
01 mag, 2024
Un gruppo di ricercatori coordinato dall’Università di Padova ha scoperto un meccanismo d’azione con cui l’acido acetilsalicilico sembra attivare una risposta immunitaria contro il cancro del colon-retto. «Nella prima parte dello studio – spiega Marco Scarpa, coordinatore del gruppo di ricerca – abbiamo analizzato retrospettivamente campioni e dati di pazienti con diagnosi di cancro al colon-retto operati tra il 2015 e il 2019. Abbiamo quindi studiato, sempre in campioni ottenuti dai pazienti, l’espressione dell’mRNA dei geni associati alla sorveglianza immunitaria nelle cellule primarie di cancro del colon-retto di pazienti che assumevano acido acetilsalicilico». Rispetto ai campioni di tessuto di pazienti che non assumevano il farmaco, quelli ottenuti da pazienti che lo assumevano hanno mostrato una minore diffusione del cancro ai linfonodi e una maggiore infiltrazione di cellule immunitarie nel tumore. Nelle analisi sulle cellule tumorali di colon-retto in laboratorio, l’esposizione di tali cellule all’acido acetilsalicilico ha causato un aumento della proteina CD80, un modulatore della funzione immunitaria. Tale incremento sembra aver migliorato la capacità delle cellule di allertare altre cellule di difesa sulla presenza di proteine associate al tumore. A sostegno di questa scoperta, i ricercatori hanno anche evidenziato che nei pazienti con cancro del colon-retto, chi assumeva acido acetilsalicilico avevano livelli di proteina CD80 più elevati nel tessuto rettale sano, suggerendo così che il farmaco induca un effetto di sorveglianza immunitaria. L’articolo dal titolo “IMMUNOREACT 7: Regular aspirin use is associated with immune surveillance activation in colorectal cancer” è pubblicato sulla rivista Cancer.
05 apr, 2024
Le spezie e le erbe aromatiche tipiche della dieta mediterranea hanno benefici significativi nel migliorare lo stato glicemico nel diabete di tipo 2. Non tutte, però: il palmares comprende zenzero, cannella e cumino nero, curcuma e zafferano. Il dato emerge da una review e metanalisi, pubblicata su Nutrients. Nell'analisi di 77 studi, 45, che hanno coinvolto 3.050 partecipanti, sono stati inclusi nella metanalisi e 32 nella revisione sistematica. I criteri di inclusione degli studi prevedevano pazienti adulti con diabete di tipo 2, con dati sulla glicemia a digiuno e/o emoglobina glicata e/o insulina e comprendevano qualsiasi integrazione con cumino nero, chiodi di garofano, prezzemolo, zafferano, timo, zenzero, pepe nero, rosmarino, curcumina, cannella, basilico e/o origano. Il numero di studi su chiodi di garofano, prezzemolo, timo, pepe nero, rosmarino, basilico o origano e la loro associazione con i fattori glicemici nei soggetti con diabete di tipo 2 era insufficiente, quindi l'analisi si è concentrata principalmente sui restanti cinque ingredienti: cannella, curcumina, zenzero, cumino nero, zafferano e rosmarino. Sono stati osservati miglioramenti nella glicemia a digiuno dei soggetti con diabete di tipo 2 con tutti e cinque gli ingredienti. Tuttavia, le diminuzioni più significative, tra 17 mg/dl e 27 mg/dl, si sono verificate dopo l'integrazione con cumino nero, seguito da cannella e zenzero. Solo lo zenzero e il cumino nero sono stati associati a un miglioramento significativo dell'emoglobina glicata e solo cannella e zenzero sono stati associati a una diminuzione significativa dei valori di insulina. Degli 11 studi che includevano la cannella nella metanalisi, sei hanno riportato differenze significative nella glicemia a digiuno, mentre quattro avevano differenze nell'emoglobina glicata dopo l'integrazione. Infine, lo zenzero è stato l'unico componente associato a una diminuzione significativa in ciascuno dei tre risultati esaminati relativi a glicemia a digiuno, emoglobina glicata e insulina. (E.T.)
02 apr, 2024
Ho trovato questo articolo molto utile. Aggiungerei soltanto che, di conseguenza, non solo il tipo di alimenti, ma la corretta forma in cui lo si assume, non è da sottovalutare. https://www.issalute.it/index.php/la-salute-dalla-a-alla-z-menu/m/metalli-pesanti-negli-alimenti?fbclid=IwAR3jDJmE2UT3zDNC0Rqt-8UeAHxtB-UEgy8QSStJGpDq_iiw2uK25m0hnUM_aem_AUHiqQz_roPYKrb_9d9DwPVfd8acu1p4ErVkMCB4uCVguAC7dysKDh7F0oabkYNO1nf7VlfQN_dmncjx8XpTnsN3
Autore: Angela De Laurentiis 10 mar, 2024
ltre 4 milioni di persone in Italia con problemi renali cronici, è urgente intervenire sugli stili di vita, in primis sulle abitudini alimentari, per migliorare la qualità di vita dei pazienti con malattia renale cronica (MRC), ritardando l’ingresso in dialisi o scongiurando il ricorso a trapianti. È l’appello che medici ed esperti rivolgono a pazienti, Istituzioni e personale sanitario in occasione della Giornata mondiale del rene che si celebra il 14 marzo. L’articolo completo su www.ansa.it
21 feb, 2024
Grazie a uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Torino e dell’IFOM, pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Cell Reports Medicine, è stato scoperto che una particolare tossina batterica, chiamata colibactina e presente in alcuni tumori intestinali, è in grado di addestrare il cancro a resistere alle cure. Anziché concentrarsi solo sul tumore per predire la possibile risposta alla chemioterapia, i ricercatori hanno studiato ciò che lo circonda, tra cui l’insieme dei batteri che popolano l’intestino: il cosiddetto microbiota. «Non è stato facile – spiega Alberto Sogari, ricercatore sostenuto da AIRC presso il Dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino e primo autore dell’articolo – perché questo cambio di approccio ha richiesto l’ideazione di nuovi protocolli sperimentali. Con l’aiuto dei microbiologi del gruppo del professor David Lembo, del Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche dell’Università di Torino, abbiamo coltivato in laboratorio cellule tumorali colorettali e batteri produttori di colibactina, simulando così quello che avviene nell’intestino. Abbiamo utilizzato sia linee cellulari sia i cosiddetti organoidi, ossia colture in tre dimensioni di cellule di pazienti con cui si cerca di approssimare la struttura tridimensionale dei tumori di origine. In questo modo abbiamo studiato l’impatto funzionale della colibactina sulle cellule, con tecnologie di sequenziamento e analisi bioinformatiche all’avanguardia. Abbiamo scoperto che la colibactina funziona come una sorta di “palestra per i tumori”: questa tossina allena infatti le cellule tumorali a sopportare un carico costante di mutazioni al DNA, abituandole. Così, quando si inizia il trattamento con un farmaco chemioterapico con un meccanismo simile molto usato in clinica, l’irinotecano, il tumore è già allenato. Avendo imparato a sopportare le mutazioni causate dalla colibactina, il cancro impara anche a tollerare il danno provocato dalla chemioterapia, diventando così resistente». -FNOB-
07 feb, 2024
Un nuovo studio italiano ha dimostrato l’efficacia di una terapia farmacologica nella cura della leucemia acuta linfoblastica Philadelphia positiva (Lal Ph+). Si tratta di due farmaci utilizzati in modo combinato che agiscono direttamente sul tumore, evitando l’uso di trattamenti chemioterapici o di altro tipo. La ricerca coordinata da Robin Foà della Sapienza Università di Roma è stata pubblicata sul Journal of Clinical Oncology. Il team ha osservato una percentuale molto alta di remissioni. Il tumore del sangue su cui il gruppo ha lavorato ha un’incidenza molto alta con l’avanzare dell’età e dopo i 50 anni può colpire un paziente su due. Ad oggi, l’unica terapia potenzialmente curativa, ma non sempre percorribile prima dell’introduzione degli inibitori delle tirosin-chinasi, era il trapianto di cellule staminali ematopoietiche. Cit.Anna Lavinia
05 feb, 2024
Roma, 30 gennaio 2024 (Agenbio) – È allarme disturbi alimentari in Italia. Ne soffrono più di 5 milioni di persone e la metà è sotto i 18 anni. La diffusione dei disturbi legati al comportamento alimentare (Dca) come anoressia, bulimia, disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo sono malattie molto rischiose che possono portare numerose e gravi conseguenze al nostro corpo. Nonostante le tante difficoltà, si può guarire se aiutati e curati nel modo corretto. Un dato da sottolineare è l’incremento dei casi del 40% durante il Covid-19, nel periodo che va dal 2020 al 2023. Secondo il Ministero della Salute, i disturbi alimentari sono una vera e propria epidemia che continua a crescere. Un’emergenza che porterà la sua scia anche nei prossimi 5-6 anni. tratto da "(Agenbio) Anna Lavinia FNOB"
Autore: Angela De Laurentiis 19 gen, 2024
“Un team di ricercatori dell’Università di Padova e dell’Istituto di Ricerca Pediatrica – Città della Speranza ha esposto ciclicamente cellule di medulloblastoma derivate dai pazienti alla stessa combinazione di farmaci comunemente utilizzata in clinica. Obiettivo, identificare i meccanismi molecolari che permettono ad alcune cellule tumorali di resistere alla chemioterapia. Grazie a questi esperimenti, gli studiosi hanno dimostrato che le cellule di medulloblastoma resistenti alla chemioterapia sono in grado di stravolgere completamente molteplici processi intracellulari. Le cellule tumorali contrastano così i danni provocati dai farmaci, si adattano ai trattamenti farmacologici e soddisfano le crescenti esigenze di nutrienti. Questa riconfigurazione metabolica può però trasformarsi nel tallone di Achille di queste cellule. I ricercatori coinvolti nello studio sono stati in grado di identificare tali vulnerabilità grazie a uno screening di più di 2000 farmaci, con il quale hanno dimostrato che i farmaci che agiscono sul metabolismo delle cellule tumorali, chiamati comunemente antimetaboliti, sono particolarmente attivi nel trattamento delle cellule resistenti. Questo risultato è particolarmente rilevante, perché molti dei farmaci identificati sono già approvati e attualmente impiegati nel trattamento di altre neoplasie, anche pediatriche, facilitando così il loro potenziale futuro impiego anche nel contesto del medulloblastoma. (Agenbio).” La chiave della lotta ai tumori non è solo trovare nuovi farmaci, ma utilizzare quelli gia noti in nuove combinazioni e impieghi. Ormai la terapia singola ha breve vita, poiché i tumori si adattano e riescono spesso a sopravvivere. Solo la combinazione di due o piu farmaci è la chiave vincente. Questo significa ricerca…entrare un giorno dall’oncologo e sentirsi dire…c’è un nuovo protocollo sperimentale. Non significa farmaci in sperimentazione, ma spesso sono le COMBINAZIONI in sperimentazione. “ da FNOD”
04 gen, 2024
Un nuovo passo in avanti per il trattamento del cancro al pancreas. Il gruppo di ricerca diretto da Davide Melisi, docente di oncologia medica dell'università di Verona e responsabile dell'unità di Terapie sperimentali dell'azienda ospedaliera universitaria di Verona, ha identificato un nuovo bersaglio terapeutico, l'autotaxina, quale possibile fattore responsabile della resistenza delle cellule tumorali ai trattamenti chemioterapici. I risultati dello studio sono stati pubblicati su Cancer Research. "Il cancro del pancreas è un tumore per il quale ancora non esistono trattamenti con farmaci a bersaglio molecolare o immunoterapici oltre ai classici chemioterapici - dichiara Melisi -. Dal 2011, quando il nostro gruppo di ricerca è nato all'università degli studi di Verona grazie a un finanziamento Start-Up Airc, abbiamo dimostrato, prima in laboratorio e poi in studi clinici, l'attività di una classe di farmaci, inibitori del cosiddetto Transforming growth factor beta o Tgfß. I dati raccolti con questo studio più recente aggiungono un anello importante al nostro filone di ricerca. Dimostrano infatti che il microambiente del tumore pancreatico, e in particolare i suoi fibroblasti, rispondono all'inibizione del Tgfß con la produzione di un nuovo fattore, l'autotaxina. Abbiamo dimostrato questo effetto sia in animali di laboratorio con cancro del pancreas, sia in pazienti trattati nell'ambito di sperimentazioni cliniche. L'impiego combinato di inibitori di Tgfß e del nuovo inibitore di autotaxina, il ioa289, rende le cellule tumorali molto più sensibili alla chemioterapia". "I risultati di questi studi - conclude - non rimangono in laboratorio, ma servono come razionale per nuovi studi clinici da offrire a chi purtroppo è colpito da queste patologie. Abbiamo, infatti, già in corso la sperimentazione clinica di fase 1 dell'inibitore di autotaxina, ioa289, con la chemioterapia in pazienti con nuova diagnosi di malattia avanzata. Inoltre a breve avremo i risultati preliminari di tossicità e attività di questa nuova combinazione terapeutica". - ANSA 3/1/24 -
Show More
Share by: