Dott.ssa angela de laurentiis, PhD. Nutrizionista specializzata in patologie Oncologiche e ricercatrice in oncologia sperimentale

Blog Post

IL TRANSGENICO NEL PIATTO: LA SOIA

mar 16, 2022
Prendo questo articolo dal sito dell'associazione SUM perché ben scritto e perché riassume benissimo cosa sta avvenendo con la SOIA. Ovvero spiega benissimo come un prodotto transgenico sia stato silenziosamente introdotto sulle nostre tavole nonostante le mille battaglie contro questa strategia scientifica.
La soia un prodotto oggi molto ricercato e utilizzato da un numero crescente di persone anche per le ue PROPRIETA’ TERAPEUTICHE, se non è biologica, può causare gravi danni alla salute. La soia è in assoluto il PRODOTTO TRANSGENICO PIU COLTIVATO AL MONDO (87% della soia coltivata negli stati Uniti e il 60% a livello globale, nel 2005) ed è anche il cibo OGM che più facilmente ci troviamo nel piatto. È stata prodotta nel 1995 negli USA dalla multinazionale MONSANTO ed è stata la prima pianta Roundup Ready cioè progettata per tollerare l’erbicida “Roundup” a base di glifosfato prodotto sempre dalla MONSANTO. La soia RR è stata autorizzata alla commercializzazione su tutto il territorio dell’Unione Europea nel 1996 ed è l’unica varietà di soia OGM in commercio in Europa. Inizialmente il DNA della soia è stato modificato con il gene della noce Brasiliana, ma quando furono effettuati appositi studi su questo tipo di soia (Università del Nebraska) si scoprì che la capacità di scatenare reazioni allergiche era stata trasferita alle noci brasiliane alla soia provocando shock anafilattico (reazione gravissima che blocca il respiro e che porta spesso alla morte) nelle persone allergiche alle noci brasiliane. Il gene delle noci del Brasile è stato quindi rimosso a casa di queste reazioni, ma il rischio di allergie è sempre presente nei prodotti OGM perché “modificazioni anche piccole nella struttura proteica (dato da mutazioni nel DNA) possono scatenare nuove allergie” (greenpeace.it). Il DNA della soia Roundup Ready attualmente coltivata e commercializzata è modificato con parti del genoma del virus (il virus del mosaico del cavolfiore), di un batterio (agrobacterium sp.) e della penuria (Petunia hybrida). La soia transgenica è stata dichiarata sicura per l’alimentazione, sia negu Stati Uniti sia in Europa, sulla base dei risultati di analisi fornite dalla Monsanto, la quale ha definito la soia modificata geneticamente, sostanzialmente equivalente alla soia non OGM. 
In realtà ala composizione chimica della soia OGM è ovviamente diversa da quella delle varietà non-OGM perché, altrimenti, la linea transgenica non sarebbe resistente all’erbicida e non potrebbe essere Brevettabile. E’ abbastanza semplice distinguere in laboratorio le caratteristiche biochimiche che rendono la soia OGM diversa dalla soia tradizionale, ma essa è stata dichiarata sostanzialmente equivalente alla soia non-OGM per semplificare la procedura di autorizzazione. 
Inoltre alcuni scienziati indipendenti hanno scoperto che la Monsanto ha effettuato le analisi su soia OGM non trattata con l’erbicida Roundup, mentre i consumatori mangiano soia coltivata in campi irrorati con questo erbicida altamente tossico. Questa notizia è stata pubblicata il 24 Maggio ’99 sul quotidiano inglese The Guardia. Neanche la Food and Drugs Administration (FDA), organismo di controllo dei prodotti alimentari farmaceutici negli USA, ha provveduto ad effettuare i test sulla soia transgenica trattata con l’erbicida sulla salute degli animali e degli esseri umani prima di metterla in vendita.
Già nel 1988 una ricerca condotta in Germania dai ricercatori Sandermann e Wellman aveva evidenziato che il Roundup può scatenare notevoli muramenti chimici nella soia, in particolare esso fa aumentare i livelli dei fitoestrogeni che, quando vendono introdotti nell’organismo dei mammiferi attraverso il cibo, agiscono come ormoni causando gravissimi squilibri ormonali (“pericolosi in caso di patologie oncologiche ormone sensibili”) (Fonte: Biosafety, p. 285- 292, edito dal Ministero della Ricerca e della Tecnologia della Germania nel 1988). Oltre ai rischi per la salute, comuni a tutti, i cibi OGM e a tutte e piante trattate con l’erbicida Roundup, la soia OGM può quindi causare anche disturbi all’apparato riproduttivo. Per questo motivo il 13 ottobre ’97 il Gruppo di lavoro sulla Biosicurezza dell’Assemblea delle Nazioni Unite sulla Biodiversità, composto da sette scienziati, ha lanciato attraverso un comunicato stampa un “Appello urgente a tutti i governi di revocare l’autorizzazione alla commercializzazione della soia RR della Monsanto”.
Nessun governo ha ascoltato questo appello e la soia OGM ha continuato a diffondersi in tutto il mondo. Altre prove scientifiche sulla pericolosità della soia OGM sono state fornite nel 2005 dalla scienziata russa Irina Ermakova che, studiando gli effetti dell’alimentazione contenente soia OGM nei topi, si è concentrata sui discendenti degli animali nutriti con soia OGM, un punto trascurato dalla maggioranza delle ricerche, ed ha riscontrato che moltissimi cuccioli sono morti oppure sono cresciuto poco. Inoltre i cuccioli, una volta diventati adulti, non sono assolutamente riusciti a riprodursi. 
Questo si è verificato sia nel gruppo che ha continuato a mangiare la soia OGM ininterrottamente, sia in quello che ha smetto si mangiarla prima dell’accoppiamento. I topi femmina nutriti con soia OGM hanno potuto avere nipoti solo attraverso le figlie femmine accoppiate con maschi provenienti da gruppo di controllo nutrito con mangime convenzionale di laboratorio, non OGM. Ma c’è un’altra notizia molto preoccupante che riguarda la soia OGM. Nel luglio del 2001 le equipe di ricercatori di tre università e istituti scientifici, nell’ambito di un programma finanziato dal governo belga. Hanno trovato “DNA di origine sconosciuta” in campioni di soia RR
Questo significa che il genoma della soia analizzata era differente da quello descritto e brevettato dalla Monsano e autorizzato alla commercializzazione nel 1996. La Monsanto era già al corrente di questo e i suoi responsabili l’avevano comunicato all’autorità di controllo britannico ACNFP. Sono state fatte diverse ipotesi per spiegare la presenza di nuove impreviste sequenze geniche nella soia RR, fra queste anche la possibilità che la soia transgenica abbia iniziato a mutare È un’ipotesi comunque probabile in quanto molti scienziati e ricercatori indipendenti hanno da tempo denunciato che la manipolazione genetica può portare a conseguenze inaspettate e imprevedibili. A causa della complessità degli organismi viventi, ogni modifica del DNA di un organismo può avere effetti a catena, impossibili da prevedere e da controllare. Essi possono mettere a rischio sia la salute di chi mangia cibi OGM. Sia gli equilibri dell’ecosistema in cui gli OGM vengono immessi


09 lug, 2024
La salvia è stata associata in passato a diverse proprietà curative. Considerata una buona fonte di antiossidanti, contiene vitamine che si rivelano preziose alleate del funzionamento del metabolismo e minerali in grado di aiutare cuore, ossa, denti e cervello. Ma non solo, perché secondo il gruppo di ricerca di Università di Padova e Istituto Veneto di Medicina Molecolare guidato da Andrea Alimonti e Monica Montopoli, dalla salvia haenkei potrebbe arrivare una nuova possibile arma anti-invecchiamento in grado di attaccare le cellule senescenti. “Gli studi pre-clinici condotti dal nostro team di ricerca hanno dimostrato che una bassa dose di un estratto botanico di salvia haenkei (Haenkenium, Hk) può prolungare l’aspettativa di vita in modo più sano” ha spiegato Alimondi. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Nature Aging.
09 lug, 2024
È ormai noto quanto l’alimentazione incida sul nostro stato di salute. Malattie cardiovascolari, tumori, ma anche il declino cognitivo possono essere accelerati oppure ritardati grazie a una dieta corretta ed equilibrata. In merito a ciò, nuove ricerche hanno messo in evidenza la correlazione tra un regime alimentare sano e l’invecchiamento cerebrale. In particolare, uno studio ha seguito oltre tremila persone per ben 75 anni per dimostrare come mangiare bene fin da giovani possa aiutare il cervello a mantenersi attivo anche da anziani. I cibi in grado di fornire un concreto sostegno si sono rivelati – e non è una sorpresa – frutta e verdura, legumi e cereali integrali. In più per mantenere un’alimentazione effettivamente sana non bisogna eccedere con zuccheri aggiunti e cereali raffinati, così come suggerito dalle linee guida dietetiche Usa 2020-2025. Dunque, mangiare bene aiuta a invecchiare bene.
24 mag, 2024
Gli emulsionanti sono stati messi sotto la lente d’ingrandimento degli scienziati con l’accusa di contribuire a obesità, cancro, malat-tie cardiovascolari e infine – come scoperto in un recente studio prospettico di coorte NutriNet – a diabete di tipo 2. Questi composti “messi alla sbarra” fanno parte di una famiglia di additivi alimentari universalmente utilizzati per migliorare consistenza, forma, colore e gusto in molti cibi processati e ultra-processati. Inoltre sono utili a miscelare liquidi come acqua e oli grazie ai loro legami polari. Sono additivi che si trovano nella maggior parte dei cibi tra gli scaffali dei supermercati: cioccolato, bis-cotti, prodotti da forno, maionese, salse e altri tipi di olii. Nonostante sulla base di criteri di citotossicità e genotossicità siano considerati sicuri per l’alimentazione, sono sempre più in aumento le evidenze scientifiche dei loro effetti sulla salute, in particolar modo le conseguenze sono negative per il microbiota intestinale con rica-dute su infiammazioni ed alterazioni metaboliche. Tra i 61 emulsionanti identificati, sono sette in particolare quelli associati al rischio di sviluppare diabete di tipo 2: E407 (carragenine totali), E340 (esteri di poliglicerolo di acido ricerolo), E472e (es-teri di acidi grassi), E331 (citrato di sodio), E412 (gomma di guar), E414 (gomma arabica), E415 (gomma di xantano), oltre a un gruppo chiamato ”carragenine”. Nello specifico, gli additivi sono stati assunti nel 14,7% da prodotti come biscotti e torte, nel 10% da prodotti lattiero-caseari e nel 5% da frutta e verdura ultra lavorata. - FNOB-
01 mag, 2024
Un gruppo di ricercatori coordinato dall’Università di Padova ha scoperto un meccanismo d’azione con cui l’acido acetilsalicilico sembra attivare una risposta immunitaria contro il cancro del colon-retto. «Nella prima parte dello studio – spiega Marco Scarpa, coordinatore del gruppo di ricerca – abbiamo analizzato retrospettivamente campioni e dati di pazienti con diagnosi di cancro al colon-retto operati tra il 2015 e il 2019. Abbiamo quindi studiato, sempre in campioni ottenuti dai pazienti, l’espressione dell’mRNA dei geni associati alla sorveglianza immunitaria nelle cellule primarie di cancro del colon-retto di pazienti che assumevano acido acetilsalicilico». Rispetto ai campioni di tessuto di pazienti che non assumevano il farmaco, quelli ottenuti da pazienti che lo assumevano hanno mostrato una minore diffusione del cancro ai linfonodi e una maggiore infiltrazione di cellule immunitarie nel tumore. Nelle analisi sulle cellule tumorali di colon-retto in laboratorio, l’esposizione di tali cellule all’acido acetilsalicilico ha causato un aumento della proteina CD80, un modulatore della funzione immunitaria. Tale incremento sembra aver migliorato la capacità delle cellule di allertare altre cellule di difesa sulla presenza di proteine associate al tumore. A sostegno di questa scoperta, i ricercatori hanno anche evidenziato che nei pazienti con cancro del colon-retto, chi assumeva acido acetilsalicilico avevano livelli di proteina CD80 più elevati nel tessuto rettale sano, suggerendo così che il farmaco induca un effetto di sorveglianza immunitaria. L’articolo dal titolo “IMMUNOREACT 7: Regular aspirin use is associated with immune surveillance activation in colorectal cancer” è pubblicato sulla rivista Cancer.
05 apr, 2024
Le spezie e le erbe aromatiche tipiche della dieta mediterranea hanno benefici significativi nel migliorare lo stato glicemico nel diabete di tipo 2. Non tutte, però: il palmares comprende zenzero, cannella e cumino nero, curcuma e zafferano. Il dato emerge da una review e metanalisi, pubblicata su Nutrients. Nell'analisi di 77 studi, 45, che hanno coinvolto 3.050 partecipanti, sono stati inclusi nella metanalisi e 32 nella revisione sistematica. I criteri di inclusione degli studi prevedevano pazienti adulti con diabete di tipo 2, con dati sulla glicemia a digiuno e/o emoglobina glicata e/o insulina e comprendevano qualsiasi integrazione con cumino nero, chiodi di garofano, prezzemolo, zafferano, timo, zenzero, pepe nero, rosmarino, curcumina, cannella, basilico e/o origano. Il numero di studi su chiodi di garofano, prezzemolo, timo, pepe nero, rosmarino, basilico o origano e la loro associazione con i fattori glicemici nei soggetti con diabete di tipo 2 era insufficiente, quindi l'analisi si è concentrata principalmente sui restanti cinque ingredienti: cannella, curcumina, zenzero, cumino nero, zafferano e rosmarino. Sono stati osservati miglioramenti nella glicemia a digiuno dei soggetti con diabete di tipo 2 con tutti e cinque gli ingredienti. Tuttavia, le diminuzioni più significative, tra 17 mg/dl e 27 mg/dl, si sono verificate dopo l'integrazione con cumino nero, seguito da cannella e zenzero. Solo lo zenzero e il cumino nero sono stati associati a un miglioramento significativo dell'emoglobina glicata e solo cannella e zenzero sono stati associati a una diminuzione significativa dei valori di insulina. Degli 11 studi che includevano la cannella nella metanalisi, sei hanno riportato differenze significative nella glicemia a digiuno, mentre quattro avevano differenze nell'emoglobina glicata dopo l'integrazione. Infine, lo zenzero è stato l'unico componente associato a una diminuzione significativa in ciascuno dei tre risultati esaminati relativi a glicemia a digiuno, emoglobina glicata e insulina. (E.T.)
02 apr, 2024
Ho trovato questo articolo molto utile. Aggiungerei soltanto che, di conseguenza, non solo il tipo di alimenti, ma la corretta forma in cui lo si assume, non è da sottovalutare. https://www.issalute.it/index.php/la-salute-dalla-a-alla-z-menu/m/metalli-pesanti-negli-alimenti?fbclid=IwAR3jDJmE2UT3zDNC0Rqt-8UeAHxtB-UEgy8QSStJGpDq_iiw2uK25m0hnUM_aem_AUHiqQz_roPYKrb_9d9DwPVfd8acu1p4ErVkMCB4uCVguAC7dysKDh7F0oabkYNO1nf7VlfQN_dmncjx8XpTnsN3
Autore: Angela De Laurentiis 10 mar, 2024
ltre 4 milioni di persone in Italia con problemi renali cronici, è urgente intervenire sugli stili di vita, in primis sulle abitudini alimentari, per migliorare la qualità di vita dei pazienti con malattia renale cronica (MRC), ritardando l’ingresso in dialisi o scongiurando il ricorso a trapianti. È l’appello che medici ed esperti rivolgono a pazienti, Istituzioni e personale sanitario in occasione della Giornata mondiale del rene che si celebra il 14 marzo. L’articolo completo su www.ansa.it
21 feb, 2024
Grazie a uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Torino e dell’IFOM, pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Cell Reports Medicine, è stato scoperto che una particolare tossina batterica, chiamata colibactina e presente in alcuni tumori intestinali, è in grado di addestrare il cancro a resistere alle cure. Anziché concentrarsi solo sul tumore per predire la possibile risposta alla chemioterapia, i ricercatori hanno studiato ciò che lo circonda, tra cui l’insieme dei batteri che popolano l’intestino: il cosiddetto microbiota. «Non è stato facile – spiega Alberto Sogari, ricercatore sostenuto da AIRC presso il Dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino e primo autore dell’articolo – perché questo cambio di approccio ha richiesto l’ideazione di nuovi protocolli sperimentali. Con l’aiuto dei microbiologi del gruppo del professor David Lembo, del Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche dell’Università di Torino, abbiamo coltivato in laboratorio cellule tumorali colorettali e batteri produttori di colibactina, simulando così quello che avviene nell’intestino. Abbiamo utilizzato sia linee cellulari sia i cosiddetti organoidi, ossia colture in tre dimensioni di cellule di pazienti con cui si cerca di approssimare la struttura tridimensionale dei tumori di origine. In questo modo abbiamo studiato l’impatto funzionale della colibactina sulle cellule, con tecnologie di sequenziamento e analisi bioinformatiche all’avanguardia. Abbiamo scoperto che la colibactina funziona come una sorta di “palestra per i tumori”: questa tossina allena infatti le cellule tumorali a sopportare un carico costante di mutazioni al DNA, abituandole. Così, quando si inizia il trattamento con un farmaco chemioterapico con un meccanismo simile molto usato in clinica, l’irinotecano, il tumore è già allenato. Avendo imparato a sopportare le mutazioni causate dalla colibactina, il cancro impara anche a tollerare il danno provocato dalla chemioterapia, diventando così resistente». -FNOB-
07 feb, 2024
Un nuovo studio italiano ha dimostrato l’efficacia di una terapia farmacologica nella cura della leucemia acuta linfoblastica Philadelphia positiva (Lal Ph+). Si tratta di due farmaci utilizzati in modo combinato che agiscono direttamente sul tumore, evitando l’uso di trattamenti chemioterapici o di altro tipo. La ricerca coordinata da Robin Foà della Sapienza Università di Roma è stata pubblicata sul Journal of Clinical Oncology. Il team ha osservato una percentuale molto alta di remissioni. Il tumore del sangue su cui il gruppo ha lavorato ha un’incidenza molto alta con l’avanzare dell’età e dopo i 50 anni può colpire un paziente su due. Ad oggi, l’unica terapia potenzialmente curativa, ma non sempre percorribile prima dell’introduzione degli inibitori delle tirosin-chinasi, era il trapianto di cellule staminali ematopoietiche. Cit.Anna Lavinia
05 feb, 2024
Roma, 30 gennaio 2024 (Agenbio) – È allarme disturbi alimentari in Italia. Ne soffrono più di 5 milioni di persone e la metà è sotto i 18 anni. La diffusione dei disturbi legati al comportamento alimentare (Dca) come anoressia, bulimia, disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo sono malattie molto rischiose che possono portare numerose e gravi conseguenze al nostro corpo. Nonostante le tante difficoltà, si può guarire se aiutati e curati nel modo corretto. Un dato da sottolineare è l’incremento dei casi del 40% durante il Covid-19, nel periodo che va dal 2020 al 2023. Secondo il Ministero della Salute, i disturbi alimentari sono una vera e propria epidemia che continua a crescere. Un’emergenza che porterà la sua scia anche nei prossimi 5-6 anni. tratto da "(Agenbio) Anna Lavinia FNOB"
Show More
Share by: