Dott.ssa angela de laurentiis, PhD. Nutrizionista specializzata in patologie Oncologiche e ricercatrice in oncologia sperimentale

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PROCREAZIONE ASSISTITA, IL SUCCESSO DIPENDE ANCHE DALLA DIETA

dic 29, 2021
Occhio al peso corporeo per la salute riproduttiva della donna. Il monito giunge da uno studio pubblicato sulla rivista Reproductive BioMedicine On line dal team di ricerca di GeneraLife, gruppo europeo di 30 cliniche specializzate in medicina della riproduzione.
“Innanzitutto, il lavoro ha accertato un calo delle chance di gravidanza, dovuto a un aumento del rischio di aborto, dopo il trasferimento di embrioni euploidi, ovvero cromosomicamente sani, nelle donne con un indice di massa corporea superiore a 25, quindi in sovrappeso, ma non obese”, spiega Gemma Fabozzi, primo autore del paper, embriologa clinica e nutrizionista del centro GeneraLife di Milano.
“Un primo risultato importante che possiamo trarre dalla ricerca, dunque, è aver messo in luce la rilevanza del Bmi nel tasso di natalità, anche quando la paziente è in semplice sovrappeso, non obesa”.
Entrando nello specifico, lo studio rileva che l’incremento del Bmi è associato all’aumento del rischio di errori cromosomici negli embrioni (aneuploidie), che riducono le probabilità di gravidanza.
“Si tratta di un’associazione ovviamente subordinata all’età della donna, che è il fattore preponderante nell’insorgenza delle aneuploidie”, prosegue Fabozzi. “Nonostante ciò, le donne in sovrappeso mostrano un lieve aumento nel rischio di errori cromosomici negli embrioni a qualsiasi età materna. Il messaggio-chiave di questo studio è, quindi, che sarebbe utile analizzare il profilo metabolico della paziente anche quando si è già ottenuta una blastocisti euploide da trasferire, in un ciclo di procreazione medicalmente assistita”.
Così commenta Francesca Bongioanni, ginecologa e responsabile del centro GeneraLife di Milano e Torino: “Dato il valore prezioso di questo embrione per una coppia infertile, e a fronte della difficoltà di ottenerlo in età materna avanzata nelle donne con problemi di sovrappeso, potrebbe essere clinicamente rilevante intervenire con un regime nutrizionale ad hoc prima del trasferimento in utero. Nelle donne fertili invece, lo studio pone l’accento sull’importanza della prevenzione e del mantenimento di una dieta adeguata per ridurre la severità di disturbi di natura anche riproduttiva. È importante, comunque, che chi affronta un percorso di procreazione assistita venga preso in carico anche dal punto di vista nutrizionale”.
A ulteriore conferma, un nuovo studio presentato dalla stessa Fabozzi al recente congresso della Società italiana di fertilità e sterilità-Medicina della riproduzione (Sifes e Mr) di Riccione, secondo cui il Bmi, rappresenta uno dei fattori che più influenzano la buona riuscita dei trattamenti per l'infertilità, anche quando si ricorre all'ovodonazione.
"I risultati confermano che in un programma di ovodonazione con transfer di blastocisti, l’obesità nelle donne riceventi si associa a un maggior rischio di aborto”, dice la nutrizionista, che è anche docente del master in Biologia della nutrizione per la riproduzione umana della Sapienza Università di Roma. “Quindi, ricorrere alla fecondazione eterologa sembra non mettere al riparo dai danni che l'obesità provoca al nostro sistema riproduttivo".
L’indice di massa corporea, concludono gli autori, è un marker grossolano, ma sicuramente rappresenta un importante campanello di allarme. “Ricerche future, finalizzate a identificare parametri più precisi dell’aspetto nutrizionale-metabolico, come, per esempio, studiare la localizzazione del tessuto adiposo in eccesso, sono sicuramente auspicabili anche nel campo della riproduzione umana”. (n.m.)

09 lug, 2024
La salvia è stata associata in passato a diverse proprietà curative. Considerata una buona fonte di antiossidanti, contiene vitamine che si rivelano preziose alleate del funzionamento del metabolismo e minerali in grado di aiutare cuore, ossa, denti e cervello. Ma non solo, perché secondo il gruppo di ricerca di Università di Padova e Istituto Veneto di Medicina Molecolare guidato da Andrea Alimonti e Monica Montopoli, dalla salvia haenkei potrebbe arrivare una nuova possibile arma anti-invecchiamento in grado di attaccare le cellule senescenti. “Gli studi pre-clinici condotti dal nostro team di ricerca hanno dimostrato che una bassa dose di un estratto botanico di salvia haenkei (Haenkenium, Hk) può prolungare l’aspettativa di vita in modo più sano” ha spiegato Alimondi. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Nature Aging.
09 lug, 2024
È ormai noto quanto l’alimentazione incida sul nostro stato di salute. Malattie cardiovascolari, tumori, ma anche il declino cognitivo possono essere accelerati oppure ritardati grazie a una dieta corretta ed equilibrata. In merito a ciò, nuove ricerche hanno messo in evidenza la correlazione tra un regime alimentare sano e l’invecchiamento cerebrale. In particolare, uno studio ha seguito oltre tremila persone per ben 75 anni per dimostrare come mangiare bene fin da giovani possa aiutare il cervello a mantenersi attivo anche da anziani. I cibi in grado di fornire un concreto sostegno si sono rivelati – e non è una sorpresa – frutta e verdura, legumi e cereali integrali. In più per mantenere un’alimentazione effettivamente sana non bisogna eccedere con zuccheri aggiunti e cereali raffinati, così come suggerito dalle linee guida dietetiche Usa 2020-2025. Dunque, mangiare bene aiuta a invecchiare bene.
24 mag, 2024
Gli emulsionanti sono stati messi sotto la lente d’ingrandimento degli scienziati con l’accusa di contribuire a obesità, cancro, malat-tie cardiovascolari e infine – come scoperto in un recente studio prospettico di coorte NutriNet – a diabete di tipo 2. Questi composti “messi alla sbarra” fanno parte di una famiglia di additivi alimentari universalmente utilizzati per migliorare consistenza, forma, colore e gusto in molti cibi processati e ultra-processati. Inoltre sono utili a miscelare liquidi come acqua e oli grazie ai loro legami polari. Sono additivi che si trovano nella maggior parte dei cibi tra gli scaffali dei supermercati: cioccolato, bis-cotti, prodotti da forno, maionese, salse e altri tipi di olii. Nonostante sulla base di criteri di citotossicità e genotossicità siano considerati sicuri per l’alimentazione, sono sempre più in aumento le evidenze scientifiche dei loro effetti sulla salute, in particolar modo le conseguenze sono negative per il microbiota intestinale con rica-dute su infiammazioni ed alterazioni metaboliche. Tra i 61 emulsionanti identificati, sono sette in particolare quelli associati al rischio di sviluppare diabete di tipo 2: E407 (carragenine totali), E340 (esteri di poliglicerolo di acido ricerolo), E472e (es-teri di acidi grassi), E331 (citrato di sodio), E412 (gomma di guar), E414 (gomma arabica), E415 (gomma di xantano), oltre a un gruppo chiamato ”carragenine”. Nello specifico, gli additivi sono stati assunti nel 14,7% da prodotti come biscotti e torte, nel 10% da prodotti lattiero-caseari e nel 5% da frutta e verdura ultra lavorata. - FNOB-
01 mag, 2024
Un gruppo di ricercatori coordinato dall’Università di Padova ha scoperto un meccanismo d’azione con cui l’acido acetilsalicilico sembra attivare una risposta immunitaria contro il cancro del colon-retto. «Nella prima parte dello studio – spiega Marco Scarpa, coordinatore del gruppo di ricerca – abbiamo analizzato retrospettivamente campioni e dati di pazienti con diagnosi di cancro al colon-retto operati tra il 2015 e il 2019. Abbiamo quindi studiato, sempre in campioni ottenuti dai pazienti, l’espressione dell’mRNA dei geni associati alla sorveglianza immunitaria nelle cellule primarie di cancro del colon-retto di pazienti che assumevano acido acetilsalicilico». Rispetto ai campioni di tessuto di pazienti che non assumevano il farmaco, quelli ottenuti da pazienti che lo assumevano hanno mostrato una minore diffusione del cancro ai linfonodi e una maggiore infiltrazione di cellule immunitarie nel tumore. Nelle analisi sulle cellule tumorali di colon-retto in laboratorio, l’esposizione di tali cellule all’acido acetilsalicilico ha causato un aumento della proteina CD80, un modulatore della funzione immunitaria. Tale incremento sembra aver migliorato la capacità delle cellule di allertare altre cellule di difesa sulla presenza di proteine associate al tumore. A sostegno di questa scoperta, i ricercatori hanno anche evidenziato che nei pazienti con cancro del colon-retto, chi assumeva acido acetilsalicilico avevano livelli di proteina CD80 più elevati nel tessuto rettale sano, suggerendo così che il farmaco induca un effetto di sorveglianza immunitaria. L’articolo dal titolo “IMMUNOREACT 7: Regular aspirin use is associated with immune surveillance activation in colorectal cancer” è pubblicato sulla rivista Cancer.
05 apr, 2024
Le spezie e le erbe aromatiche tipiche della dieta mediterranea hanno benefici significativi nel migliorare lo stato glicemico nel diabete di tipo 2. Non tutte, però: il palmares comprende zenzero, cannella e cumino nero, curcuma e zafferano. Il dato emerge da una review e metanalisi, pubblicata su Nutrients. Nell'analisi di 77 studi, 45, che hanno coinvolto 3.050 partecipanti, sono stati inclusi nella metanalisi e 32 nella revisione sistematica. I criteri di inclusione degli studi prevedevano pazienti adulti con diabete di tipo 2, con dati sulla glicemia a digiuno e/o emoglobina glicata e/o insulina e comprendevano qualsiasi integrazione con cumino nero, chiodi di garofano, prezzemolo, zafferano, timo, zenzero, pepe nero, rosmarino, curcumina, cannella, basilico e/o origano. Il numero di studi su chiodi di garofano, prezzemolo, timo, pepe nero, rosmarino, basilico o origano e la loro associazione con i fattori glicemici nei soggetti con diabete di tipo 2 era insufficiente, quindi l'analisi si è concentrata principalmente sui restanti cinque ingredienti: cannella, curcumina, zenzero, cumino nero, zafferano e rosmarino. Sono stati osservati miglioramenti nella glicemia a digiuno dei soggetti con diabete di tipo 2 con tutti e cinque gli ingredienti. Tuttavia, le diminuzioni più significative, tra 17 mg/dl e 27 mg/dl, si sono verificate dopo l'integrazione con cumino nero, seguito da cannella e zenzero. Solo lo zenzero e il cumino nero sono stati associati a un miglioramento significativo dell'emoglobina glicata e solo cannella e zenzero sono stati associati a una diminuzione significativa dei valori di insulina. Degli 11 studi che includevano la cannella nella metanalisi, sei hanno riportato differenze significative nella glicemia a digiuno, mentre quattro avevano differenze nell'emoglobina glicata dopo l'integrazione. Infine, lo zenzero è stato l'unico componente associato a una diminuzione significativa in ciascuno dei tre risultati esaminati relativi a glicemia a digiuno, emoglobina glicata e insulina. (E.T.)
02 apr, 2024
Ho trovato questo articolo molto utile. Aggiungerei soltanto che, di conseguenza, non solo il tipo di alimenti, ma la corretta forma in cui lo si assume, non è da sottovalutare. https://www.issalute.it/index.php/la-salute-dalla-a-alla-z-menu/m/metalli-pesanti-negli-alimenti?fbclid=IwAR3jDJmE2UT3zDNC0Rqt-8UeAHxtB-UEgy8QSStJGpDq_iiw2uK25m0hnUM_aem_AUHiqQz_roPYKrb_9d9DwPVfd8acu1p4ErVkMCB4uCVguAC7dysKDh7F0oabkYNO1nf7VlfQN_dmncjx8XpTnsN3
Autore: Angela De Laurentiis 10 mar, 2024
ltre 4 milioni di persone in Italia con problemi renali cronici, è urgente intervenire sugli stili di vita, in primis sulle abitudini alimentari, per migliorare la qualità di vita dei pazienti con malattia renale cronica (MRC), ritardando l’ingresso in dialisi o scongiurando il ricorso a trapianti. È l’appello che medici ed esperti rivolgono a pazienti, Istituzioni e personale sanitario in occasione della Giornata mondiale del rene che si celebra il 14 marzo. L’articolo completo su www.ansa.it
21 feb, 2024
Grazie a uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Torino e dell’IFOM, pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Cell Reports Medicine, è stato scoperto che una particolare tossina batterica, chiamata colibactina e presente in alcuni tumori intestinali, è in grado di addestrare il cancro a resistere alle cure. Anziché concentrarsi solo sul tumore per predire la possibile risposta alla chemioterapia, i ricercatori hanno studiato ciò che lo circonda, tra cui l’insieme dei batteri che popolano l’intestino: il cosiddetto microbiota. «Non è stato facile – spiega Alberto Sogari, ricercatore sostenuto da AIRC presso il Dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino e primo autore dell’articolo – perché questo cambio di approccio ha richiesto l’ideazione di nuovi protocolli sperimentali. Con l’aiuto dei microbiologi del gruppo del professor David Lembo, del Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche dell’Università di Torino, abbiamo coltivato in laboratorio cellule tumorali colorettali e batteri produttori di colibactina, simulando così quello che avviene nell’intestino. Abbiamo utilizzato sia linee cellulari sia i cosiddetti organoidi, ossia colture in tre dimensioni di cellule di pazienti con cui si cerca di approssimare la struttura tridimensionale dei tumori di origine. In questo modo abbiamo studiato l’impatto funzionale della colibactina sulle cellule, con tecnologie di sequenziamento e analisi bioinformatiche all’avanguardia. Abbiamo scoperto che la colibactina funziona come una sorta di “palestra per i tumori”: questa tossina allena infatti le cellule tumorali a sopportare un carico costante di mutazioni al DNA, abituandole. Così, quando si inizia il trattamento con un farmaco chemioterapico con un meccanismo simile molto usato in clinica, l’irinotecano, il tumore è già allenato. Avendo imparato a sopportare le mutazioni causate dalla colibactina, il cancro impara anche a tollerare il danno provocato dalla chemioterapia, diventando così resistente». -FNOB-
07 feb, 2024
Un nuovo studio italiano ha dimostrato l’efficacia di una terapia farmacologica nella cura della leucemia acuta linfoblastica Philadelphia positiva (Lal Ph+). Si tratta di due farmaci utilizzati in modo combinato che agiscono direttamente sul tumore, evitando l’uso di trattamenti chemioterapici o di altro tipo. La ricerca coordinata da Robin Foà della Sapienza Università di Roma è stata pubblicata sul Journal of Clinical Oncology. Il team ha osservato una percentuale molto alta di remissioni. Il tumore del sangue su cui il gruppo ha lavorato ha un’incidenza molto alta con l’avanzare dell’età e dopo i 50 anni può colpire un paziente su due. Ad oggi, l’unica terapia potenzialmente curativa, ma non sempre percorribile prima dell’introduzione degli inibitori delle tirosin-chinasi, era il trapianto di cellule staminali ematopoietiche. Cit.Anna Lavinia
05 feb, 2024
Roma, 30 gennaio 2024 (Agenbio) – È allarme disturbi alimentari in Italia. Ne soffrono più di 5 milioni di persone e la metà è sotto i 18 anni. La diffusione dei disturbi legati al comportamento alimentare (Dca) come anoressia, bulimia, disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo sono malattie molto rischiose che possono portare numerose e gravi conseguenze al nostro corpo. Nonostante le tante difficoltà, si può guarire se aiutati e curati nel modo corretto. Un dato da sottolineare è l’incremento dei casi del 40% durante il Covid-19, nel periodo che va dal 2020 al 2023. Secondo il Ministero della Salute, i disturbi alimentari sono una vera e propria epidemia che continua a crescere. Un’emergenza che porterà la sua scia anche nei prossimi 5-6 anni. tratto da "(Agenbio) Anna Lavinia FNOB"
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